Chi mi segue, sa che dopo ogni viaggio ho l’abitudine di scrivere un post conclusivo del viaggio. Questa volta, in molti (si non non un’affermazione di rito, ma per davvero in molti) si sono accorti che mancava il mio post dedicato alla conclusione del viaggio dedicato al Digital for Kosovo.
I motivi per cui questo post riassuntivo non ha visto la pubblicazione, sono i seguenti
- sono stato colpito da un tsunami di emozioni e sono stato per una settimana su di una giostra piena di idee
- sapevo che sarei ritornato indietro e non volevo considerare concluso questo viaggio
- poi mi serviva una piccola introduzione per questo post e anche un motivo per lavorare dal treno, cosi sembro uno tutto professionale e figo, con le persone in treno che si chiedono “chissà che lavoro fa questo qua”

Vi chiedo due favori
- condividete questo articolo
- per il terzo viaggio in Kosovo potete farmi avere un elicottero che mi portata da davanti casa direttamente nei campi intorno alla Casa famiglia di Lesko. Cioe vi spiego, io devo partire alle 6 del mattino di casa, per arrivare a Milano, per poi sorvolare casa e poi atterrare a Pristina, da dove comunque devo prendere una macchina per arrivare a destinazione. Pensate con un viaggio in elicottero quanto tempo risparmiato. Pensateci
Dopo questa richiesta, vediamo un pochino come sono andate le cose nel primo viaggio nel Kosovo e metto anche la base per i futuri post dedicati a questo secondo viaggio. Già questo post sarà scritto in due stati diversi del Vecchio Continente.
Digital for Kosovo: ritorno a casa
Il 2 Febbraio siamo andati via dalla Casa di Leskoc lasciando un pezzo del nostro cuore, perché in quei 7 giorni non abbiamo solo visto il Kosovo, ma abbiamo conosciuto dei ragazzi e delle ragazze pieni di vita, volenterosi e che ci hanno accolto a braccia aperte.
Allo stesso tempo non hanno voluto lasciarci andare via, perché si sono trovati benissimo insieme a noi. Ed ecco perché siamo tornati e questa volta insieme a noi abbiamo portato nuovi amici con noi. Così per condividere questa esperienza con loro.
“Quando si parte da lì, avevate proprio ragione, si lascia tanto di sé e ci si porta via tanto dagli altri.“
Questo è quello che stamattina l’amico Rocco che veniva per la prima volta qui, ha riassunto la sua esperienza.
Qui ci lasci il cuore e allo stesso tempo il cuore ti fa prendere la decisione di fare un secondo viaggio come me e Silvia, oppure l’ennesimo viaggio come quello di Antonino e Valentina, per venire qui e provare a portare un pochino della nostra follia tra questi ragazzi.
Le medicine
La volta scorsa, ci siamo presi l’impegno di portare qui Computer e Tecnologia, mentre per il secondo viaggio ci siamo attivati per portare le medicine.
Per chi non lo sapesse e fosse contrario alla scienza, ma anche alle cure, sfortunatamente per stare bene e per poter mantenere una famiglia devi curarti.
Come puoi farlo?
Andando dal dottore, che ti manda in farmacia e tuo prendi le cure che lui ti prescrive.
Cosa fai se non hai la possibilità di prendere le medicine?
Niente! Non fai nulla, anzi speri che ci siano delle persone dal grande cuore come coloro che gestiscono la Casa di Leskoc e insieme ai loro contatti possano procurarti le medicine di cui hai bisogno.
A questo argomento non aggiungo altro. Vi lascio però il post di Antonino.
Le famiglie
Venire qui la prima e anche la seconda volta, non ha significato solo rompere le scatole a questi ragazzi e ragazze, spiegando loro che cosa è tecnologia, come usarla in modo responsabile e come sfruttarla per avere un’altra opportunità lavorativa.
Venire qui significa prendersi la responsabilità di esse maturi e voler ascoltare le persone. Per farlo significa uscire dalla casa, che è un posto magnifica circondata da bellezza e silenzio, per buttarsi nel traffico e andare a visitare le oltre 100 famiglie che dipendono dalla Casa di Leskoc.
Ogni famiglia ha la sua storia. Ogni famiglia vive la sua vita a modo suo. Ci sono quelle che dopo la guerra con molta fatica, molto aiuto e sostegno, oggi vivono una vita tranquilla. Poi ci sono quelle che dopo la guerra non sono riuscite a farcela, ma che ogni giorno ci provano a farcela, però è difficilissimo.
Andare a famiglie e stare in casa con i ragazzi, significa vedere volti, sguardi e occhi che trasmettono speranza.
Andare a famiglie significa trovare un padre e una madre, che un giorno prima del tuo arrivo avevano commemorato la morte della figlia. Una delle due vittime di un attacco ad un convoglio di pellegrini. Un padre e una madre che ti raccontano come hanno trovato la loro figlia e come sono stati costretti a riconoscerla.
Il volto di questo padre, me lo porterò nella mente finché vivrò.

Le attività intorno alla casa
Lo detto in vari post, sia nel primo viaggio, sia nel secondo, che la vita non è fatta di soli bit e se un nerd come me sostiene tale cosa, significa che effettivamente è così.
Ci sono bambini e bambine che fanno una vita normale a cui non manca nulla, vale in Italia, come in Kosovo, Romania, Germania, Francia, Albania, Iran, India, e così via. Poi ci sono la loro controparte quelli a cui manca tutto. Sul serio manca tutto.
Non solo uno scivolo, un’altalena, un bagno decente e dei vestiti. Ci sono bambini i cui genitori hanno scelto di dare un nome e un cognome, ma che non sono registrati come si deve all’anagrafe. Però a loro, questo non frega in questo momento, perché in una giornata di primavera, soleggiata hanno la fortuna di trovare persona come noi, ma soprattutto in questo caso la Silvia, disponibile a far dimenticare per qualche ora da dove vengono.
Ho due nipoti e lo sapete benissimo, tanto da 7 anni nel primo caso e da 2 anni nel secondo caso, non c’è un momento in cui non condivido quello che faccio con loro.
Con loro due mi avete visto fare le smorfie, foto serie, festeggiare, giocare, sorridere oppure guardare la tv. Il loro sorriso e la loro felicità mi fa capire che ho un cuore.
Bene, dopo di loro, negli ultimi mesi c’è lei Samira, che non parla l’italiano, ma che ha un sorriso e una risata contagiosa. Avevo un incarico e un compio da fare quando Samira e Silvia giocavano, non lo portato al termine perché mi sono voluto godere questo momento di felicità.
Perché il Kosovo e Digital for Kosovo è anche questo.
Le attività all’interno della casa
Chiunque visiti questa casa da la disponibilità per fare qualcosa. Ognuno fa la sua parte, c’è chi come Rocco ha servito il pranzo o la cena, chi ha aiutato a pulire e sparecchiare la tavola, ma anche a cucinare.
Bene nello sparecchiare e pulire, sono stato molto furbo e lo ammetto, lo metto anche per il scritto e sarà una cosa che useranno contro di me la prossima volta. Però ho messo a disposizione la mia passione per la cucina e il parlare come una macchinetta. In questo modo ho cucinato e spiegato ai ragazzi che cosa stavo facendo.
Ed è così che è nato, un mega ragù a 6 mani. Loro hanno tagliato il soffritto, trasformato i pelati in sugo e portato la carne macinata, mentre io ho combinato il tutto, realizzando questa piccola dose di ragù per 30 persone.
Poi niente, visto che intorno a questa casa ci sono campi, allevamenti e laboratori vari come una macelleria e un caseificio, si poteva non fare una cena tra ragazzi un pochino più pesantina di grassi rispetto alla normalità?
Ed eccoci qui che sono finito di nuovo in cucina insieme a loro e ho spiegato loro come faccio io le patate al forno. Quella che è la mira ricetta. Poi già che eravamo e visto che a me piace fare gli upgrade alle cose, abbiamo preso la decisione di metterci qualcosa in più.
Il viaggio non finisce qui
In questo momento sono seduto davanti ad uno schermo in ufficio nella Casa di Leskoc e vi sto il secondo viaggio, ma anche la seconda visita fatta a questi ragazzi.
Il viaggio non finisce qui, perché molto probabilmente ci ritornerò. Il viaggio non finisce qui, perché in realtà doveva finire domenica, ma uno sciopero mi ha tenuto fermo a terra qui e oggi mi farò di nuovo qualche chilometro in giro per il Kosovo portando una stretta di mano, un sorriso e un pacchetto.
Il viaggio non finisce qui e con questo post, ma continuerà. Quindi restate collegati e sintonizzati.
Se vi siete persi il racconto del primo viaggio, ecco qui il link alla categoria dedicata.
Conclusione
Si conclude così la settimana del Digital for Kosovo, che doveva durare solo 5 giorni, invece grazie ad uno sciopero abbiamo fatto la settimana completa. Come ho già detto negli altri post e poco prima il progetto non si ferma qui. Anzi sta andando avanti, si evolve e si evolverà.
Vorrei continuare a scrivere e raccontarvi anche altre cose, ma sono le ore 11:30 e tra un’ora si deve pranzare, io devo fare un giro per la cucina per vedere che cosa c’è di buono da mangiare, finir di sistemare come al solito un computer e poi nulla ci sono delle famiglie che ci aspettano. I racconti non finiranno qui, vi racconterò anche altre cose dal Kosovo e dei ragazzi del campo di Leskoc a Klina in Kosovo.
Vi auguro lunga vita e prosperità e a questo punto non mi rimane altro da fare che aspettarvi sul mio canale Telegram, dove pubblico anche altri contenuti interessanti e utili. Dove troverete anche altri racconti su questo viaggio e questa esperienza. Se non avete letto il racconto del primo giorno, lo potete trovare qui. Se consideri che questo diario ti abbia portato qualcosa in più alla solita lettura noiosa sul web, puoi offrire una birra media o un caffè qui.