Lo smart working che non c’è

Ritorno a parlare e trattare l’argomento smart working, soprattutto alla luce dei numeri e l’analisi presentata dalla CGIL. Insomma da questa indagine ne è uscito fuori che hanno scoperto l’acqua calda, infatti avrebbero risparmiato molto tempo se avessero preso i miei due articoli “Avete rotto lo smart working” e “Che cos’è lo smart working“, per capire che si è perso del tempo utile ad altro nell’indagare e trattare un argomento per quello che non è.

Vari giornali hanno riportano oggi questa affermazione, fatta dalla Signora Susanna Camusso: “Così è lavoro fordista dentro le mura di casa. Va regolato con i contratti”.  Insomma non mi metto ad analizzare questa affermazione, in primo luogo perché non è questo lo scopo di questo post e in secondo luogo non voglio perdere tempo in analisi inutili.

L’unica cosa che vorrei dire è questa:

In realtà sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, viene data una definizione molto chiara di che cos’è lo smart working:

Il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Non solo, in tempi non sospetti, il legislatore italiano si era impegnato nell’approvazione della normativa in vigore e dedicata allo smart working. Infatti questo percorso è iniziato nel lontano 2014 con la proposta di legge finalizzata a dare maggiore flessibilità al mercato del lavoro. Percorso molto agitato e tortuoso che ha portato il legislatore a pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il testo della LEGGE n°81 del 22 maggio 2017, che indica le misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato.

Quindi le regole del gioco ci sono e personalmente altri contratti, sotto contratti e affini non servono se non a chi vuole aumentare la burocrazia tirando una mazzata in fronte a chi ancora ha il coraggio di assumere. Però mi fermo qui, perché non voglio fare polemica.

Quello che manca oggi, non è il contratto specifico tutto bello e con il nome dedicato, per accontentare il Signor Maurizio Landini a cui non bastano il “contratto collettivo nazionale e il contratto aziendale”, ma serve la buona volontà e il buon senso (ormai queste due affermazioni non me le posso più togliere dalla testa per quante volte le ho sentite e a mia volta le ho dette), da parte di tutti.

In primo luogo, bisogna impegnarsi per una buona volta nel capire che cos’è lo smart working e come questo debba essere messo in pratica in modo intelligente, ma soprattutto come questa nuova forma di impiego, che non è il telelavoro possa essere utile alle aziende e al lavoratore. Altrimenti fra 6, 12 o 24 mesi, io sarò ancora qui a parlarvi di smart working e di come l’avete rotto, citando numeri questi:

Nel 37% dei casi il lavoro agile è stato attivato in modo concordato con il datore di lavoro; nel 36% dei casi in modo unilaterale dal datore di lavoro; nel 27% dei casi in modo negoziato attraverso l’intervento del sindacato.
fonte: repubblica.it

Di tutto l’ambaradan di parole, numeri, affermazioni e discussioni nate da questa indagine, io mi vorrei fermare e focalizzare molto su questa cosa:

Nella maggior parte dei casi tali competenze erano già sviluppate, come ad esempio l’uso di strumenti e tecnologie informatiche: il 69% le aveva già ma il 31% non ne era in possesso. È diffuso il possesso del pc prevalentemente fornito dall’azienda per gli uomini e personale e/o in condivisione con altri in casa per le donne, dello smartphone e delle cuffie. Meno diffusi tablet, e stampanti (di più tra gli uomini che tra le donne).
sempre fonte: repubblica.it

Come prima cosa, lascio da parte le affermazioni e le distinzioni tra uomo e donna, siamo nel 2020 e mi sembra ridicolo che si faccia la distinzione tra i due sessi nel dire che uno ha più tablet e l’altro più stampanti. Cioè chi ha fatto questa indagine deve crescere un pochino e deve imparare che davanti ad una stampante, tablet o notebook che non funziona, puoi essere anche un nerd come me, se ha deciso che non vuol più funzionare non funzionerà e basta.

La seconda cosa, che è quella che a me interessa molto, visto che mi occupo di tecnologia e formazione da diversi anni, sono i numeri dedicati alle competenze tecnologiche sviluppate e dichiarate dagli intervistati.  Questo perché secondo me, per restituire questi dati, è stato messo tutto quanto in un mega pentolone bello grande, fatto bollire il tutto in mondo lento ed è stato poi servito a tutti noi.

Dico questo, perché in questi mesi il sottoscritto, nella sua piccola parte di rete ha visto cose che non corrispondono alla realtà e soprattutto a questi numeri, ma anzi per me sono l’esatto contrario. Infatti, sapendo quanto si spende pochissimo nell’aggiornamento dei propri dipendenti, cercando a volte di mandarli ad eventi gratuiti nella speranza di far scoprire loro le nuove tecnologie a basso costo e senza investimento. Mi ha sorpreso molto di scoprire che su oltre 6000 intervistati si siano ottenuti questi numeri.

Così come, in questo periodo ma soprattutto nella seconda parte del mese di Febbraio, ho visto improvvisamente moltissimi imprenditori vantare acquisti per migliaia di euro in dispositivi e strumenti informatici utili per lo smart working. Prodotti acquistati senza poi offrire al dipendente le risorse necessarie per capire come utilizzare tutto ciò. Infatti, mi sono divertito nel vedere in questo intervallo di tempo quelli che erano i trend di ricerca su Google, per alcuni argomenti collegati alla tecnologia e utili in ambito lavorativo, da chi ha fatto il telelavoro da casa, spacciato per smartworking.

Partiamo dalla video chiamate o teleconferenze.

Attenzione, tutto quello che vedete qui sotto, è stato preso da Google Trends e se cliccate sull’immagine verrete portati nella pagina dedicata, quindi non c’è trucco e non c’è inganno:

smart working come funziona

Altro giro, altro divertimento per quello che riguarda gli strumenti software per l’ufficio:

smart working microsoft office microsoft 365

Concludo il giro di giostra con questa cosa un pochino più recente e collegata sempre alle teleconferenze o alle chiacchierate tra colleghi:

smart working zoom microsoft teams

Adesso, per carità sono dati grezzi che possono dire tutto e niente, ed ognuno poi può interpretali come meglio credo. Però l’interpretazione che do io, che amministro diversi siti di tecnologia e che insegnano al prossimo come fare le cose, posso dirvi che il più delle volte le persone sono arrivate su un determinato articolo perché non sapevano come far funzionare o utilizzare un determinato strumento.

Conclusione

Siamo davanti alla situazione in cui dobbiamo sfatare un falso mito, cioè quello dove le aziende classiche e da sempre poco smart che vogliono diventare dà oggi a domani società super smart. Dobbiamo sfatare il mito in cui la classe dirigente è al passo con i tempi.

Oggi siamo davanti al più grande bivio sociale, culturale, politico ed economico, quindi va sfruttando il momento per migliorare e migliorarci. Se non lo facciamo adesso che siamo ancora in tempo, sarà veramente difficile riuscirci nel prossimo futuro.

Come al solito, se volte farvi due chiacchiere con me su questo argomento potete farlo lasciando un commento qui sotto.

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