Vita da freelance, una vita tra alti e bassi, dove le piccole cose fanno la differenza e dove spesso basta poco per stare bene con se stessi.
In questo periodo storico e soprattutto in questo 2020, ho avuto la possibilità di riflettere molto su quelle che sono state le mie scelte del passato e quelle che sono le scelte del presente che influenzeranno il futuro.
Da queste riflessioni fatte nei giorni scorsi e partendo dal mio ultimo post pubblicato su Instagram e Facebook, mi è partita la vena artistica per scrivere questo piccolo post e riflessione. Lo scopo è quello di raccontare la mia vita da freelance e quello che in questi anni ho vissuto insieme a tantissimi colleghi, che in alcuni casi sono diventati degli amici con cui confidarsi e con cui parlare dei problemi della vita, non solo del nostro lavoro.
Quanto segue è stato strutturato sotto forma di domanda e risposta, non troverai quella lista delle x cose da fare per affrontare la vita da freelance. Questo perché in questi anni di domande ne ho ricevute sul mio lavoro e su quello che voglio fare da grande. Quindi mettetevi comodi perché le cose da leggere e vedere sono diverse, cercherò di non essere troppo lungo nel racconto.
Quante ore al giorno lavora un freelance?
Parto da questa domanda, perché chi mi ha conosciuto in questi anni e non fa parte di questo mondo, ma nella vita fa tutt’altro si è sempre chiesto se ho degli orari di lavoro. Ho cercato e a volte cerco di farmi degli orari di lavoro, ma se vado a mettere insieme tutte le ore di una giornata posso rispondere senza esagerazione che un freelance arriva a lavorare anche 24 ore su 24, quindi 7 giorni su 7 e quasi per 360 giorni all’anno. Si succedono miracoli a volte che permettono ai freelance di avere dei giorni liberi, di solito coincidono con i compleanni dei familiari.
Sfortunatamente la vita da freelance ti obbliga a stare dietro a molti clienti. È inutile che cerchiamo di raccontarcela e sognare che non è così, tutti noi che abbiamo scelto di fare questa vita, perché è una scelta sappiamo benissimo che per lavorare e mantenere i contatti bisogna avere delle buone relazioni con tutti i clienti e consolidarle quotidianamente attraverso le applicazioni di instant messaging, social, e-mail, social e chi più ne ha più ne metta.
Spesso, per non dire sempre, come freelance devi essere disponibili e gentili, altrimenti passi per quello arrogante e quello scorbutico con cui è difficilissimo parlare, collaborare e con cui fare qualcosa di utile. Questo causa un forte stress per chi ha scelto la vita da freelance. Non mi si venga a dire che non è così, perché lo so benissimo colleghi freelance che è così. Insomma, bisogna sorridere, mediare, meditare, ascoltare, essere accoglienti, gentili, estremamente educati e soprattutto si deve essere sempre propositivi.
Quando hai scelto la vita da freelance devi sapere sa subito che diventerai il muro del pianto dei tuoi clienti, quindi ai tuoi problemi quotidiani, tipo quando guardi sul conto corrente che hai una somma dai 10 ai 100 euro, devi aggiungere lo sfogo delle persone che ti scelgono. Ecco perché è importante ascoltare, meditare e mediare, così come essere sorridenti e se sei un mezzo pagliaccio come me buttare ogni tanto fuori una battuta per sdrammatizzare la situazione.
C’è chi dice che questo modo di fare e relazioni di empatia che si creano tra un freelance e un cliente sono il 50% degli strumenti attraverso cui si trova lavoro e si mantiene nel tempo, io mi azzardo e mi spingo molto più in là. Infatti per me e dalla mia esperienza oserei dire che sono il 70%, tutto il resto è composto da quanto ti fai pagare, quanto velocemente fai il lavoro, quanto spesso sbagli oppure rispetti le consegne. Insomma nel restate 30% c’è tutto un mix di cose, ma il 70% è fatto empatia tra le due persone.
Tu come freelance sei il precursore dello smart working?
Quando ho scritto l’articolo Avete rotto lo smart working, ho pensato spesso a questa domanda, perché effettivamente da freelance il tuo lavoro è sempre smart e non perché lavori da uno smartphone, tablet o notebook. Sorrido ancora quando qualche anno fa un paio di ex clienti, per criticare il mio operato mi dissero: “sai siamo nell’era della velocità e dello smart, pure il lavoro è diventato smart, quindi ormai fare smart working è facilissimo perché ti basta uno smartphone, tablet e un buon notebook per fare il tuo lavoro“. Sfortunatamente avevano confuso il concetto di lavoro flessibile, con il concetto di telelavoro, ma non sono qui per parlare di questa differenza vi basta leggere l’articolo dedicato.
Insomma questa cosa del lavoro flessibile o dello smart working porta il più delle volte alla totale assenza di tempo libero. Questo a volte si trasforma dal mio punto di vista in un problema enorme, perché se i tuoi clienti sono diversi tra di loro la mole di lavoro è molto grande, ma anche se fossero tutti omogenei e quindi dallo stesso settore, non puoi mettere in pratica la stessa tipologia di comunicazione, perché per quanto un campeggio a Rimini possa essere assomigliante ad uno di Jesolo, sono pur sempre due campeggi che si trovano in due punti diversi sulla mappa.
Avete presente l’affermazione di Confucio “fai il lavoro che ami e non lavorerai”, è una grassa baggianata. Non me ne voglia Confucio e pace all’anima sua, era tanto saggio e ha detto tante cose intelligenti, ma questa frase se la poteva risparmiare. Perché da questa frase parte quella malsana idea dove vede la flessibilità lavorativa corrispondere ad un maggior numero di ore disponibile per se stessi. È una grossissima cazzata tutto ciò.
A volte, non sempre, si ha l’impressione di vivere in una prigione oppure ai domiciliari perché si è fatto qualcosa di sbagliato. Infatti, non avendo degli orari definiti, i clienti, che sono molto diversificati tra loro, sanno che possono contattarti a qualsiasi ora del giorno e a qualsiasi ora per una qualsiasi cosa. Si va da quello che ti chiama per chiederti perché il sito è giù alle 00:45 ore italiane, a quello che ti chiede perché alle 02:35 non vede l’inserzione pubblicitaria su Facebook e si arriva a quello che alle 22:35 ti chiede se stai cenando o dormendo perché ha avuto una magnifica idea e se la scrive via mail non rendere l’idea.
Nota importante!
Se tra i lettori di questo post e questi esempi c’è qualche mio cliente, giuro che non è un accusa è semplicemente un racconto e sono degli esempi, quindi ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale. Vi voglio bene comunque, tanto sono io che ve l’ho permesso di fare 😀 😉
Penso che questo tipo di comportamento nei confronti dei freelance, sia dovuto al fatto che spesso il lavoratore freelance viene identificato come una figura relativamente giovane, senza famiglia e che per l’anticamera del suo cervello non passa minimamente l’idea di stabilità, ma anzi l’unica cosa a cui pensano questi giovani e fare tanti soldi sui conti correnti e andare lanciarli a destra e a manca. Quindi se tu vedi il freelance in questo modo tendi a mettere la mano sul telefono e contattarlo, tanto sai che non lo stai disturbando, anzi lo aiuti a fare il danaro da sperperare.
Cosa comporta il lavorare troppo per gli altri?
Avere spesso il fiato sul collo, porta ad una deregolamentazione dei ritmi di lavoro che a sua volta porta spesso a delle conseguenze estreme che spesso vedono l’abbandono dei propri progetti originali. Tutti i freelance hanno lo stresso identico problema, cioè che i loro progetti personali vanno a farsi benedire dallo spirito santo e tutta la gerarchia intorno ad esso. Infatti spesso si vedono siti personali di freelance fermi con le 4 frecce, questo vale poi anche per i profili social, pagine social e chi più ne ha più ne metta anche in questo caso.
Ve lo dico, anche perché l’ho fatto non molto tempo fa con un post su Instagram e Facebook, non è raro che i freelance rimettano in discussione le proprie scelte. Così come non è raro vedere freelance che si buttano su cose totalmente opposte alle proprie idee.
Infatti spesso i freelance talmente consumati interiormente, che non è raro trovarli fare un lavoro poco adeguato alle proprie competenze oppure arrivano a dire “basta non voglio più fare lo sviluppatore, voglio fare solo un lavoro strumentale e lasciar perdere tutto il resto anche se io di grafica non ne capisco molto”. Io per esempio è da almeno un paio d’anni che ho iniziato ad abbandonare lo sviluppo di app mobile, così come web app e ho rinunciato anche alla frase nella mia bio che recitava che conoscevo diversi linguaggi di programmazione.
Personalmente ho perso quella vena artistica eppure in passato ero super impegnato nel mondo Arduino, infatti avevo iniziato anche a tenere dei corsi privati e addirittura avevo anche iniziato a pubblicare alcuni contenuti video e guide dedicate (Arduino on/off Led es1 e Arduino on/off Led es2). In realtà il percorso formativo è continuato, ma poi il lavorare troppo per gli altri ha fatto si che il sito dedicato a questo progetto sparisse e tutto quello che girava intorno oggi non c’è più, rimangono solo questi video.
In poche parole, lavorare troppo per gli altri ti fa dimenticare di te stesso, dei tuoi progetti e ti porta a volte a fare delle scelte che con il segno di poi di fanno scattare dentro tante domande.
Però poi succede che arriva il 2020, quindi l’anno di merda, che almeno ti da la possibilità di recuperare e lanci il tuo Podcast su su Telegram, scrivi e lanci un piccolo e-book dedicato a Google Ads e già che trovi del tempo lancia anche un piccolo e-book dedicato ai canali Telegram. Dai proprio male non è andata alla fin fine, ma resta di fatto che sono comunque delle piccole gocce d’acqua.
La vita da freelance è una nuova forma di precarietà?
Si.
Se da una parte si sa che il freelance solitamente non è mai alla ricerca la stabilità di un impiego, perché nonostante tutto è un’anima libera e nonostante tutto vuole decidere su tutto, si fa diverso il discorso sui tempi e i metodi di pagamento. Prima c’era la crisi economica, adesso c’è il covid-19 e quindi ecco che i tempi di retribuzione si sono allungati diventando indefiniti. Quindi se da una parte hai la possibilità di portati a casa due volte lo stipendio di un comune lavoratore, dall’altra parte quando ti arrivano sono già spariti nel nulla.
Quindi di la vita da freelance si può considerare una nuova forma di precarietà.
Più Vita Sociale o Solitudine?
Più solitudine che vita sociale oppure lavoro in compagnia. Nonostante negli anni siano nati co-working, associazioni e gruppi di freelance, ad oggi chi fa questa vita è veramente solo, lavora da solo e litiga con se stesso.
Non solo il freelace è spesso solo da tutti i punti di vista indipendentemente che si tratti di una donna o di un uomo, questo perché le persone che stanno intorno oppure che hanno a che fare con un freelance non riescono a capire questo mondo e modo di fare, quindi spesso i liberi professionisti si ritrovano soli nella loro stanzetta buia oppure nel loro ufficio in qualche co-working e pensano a che cosa riserverà loro la vita.
Non ne parliamo del fatto che oggi, nel 2020 con tutto questo smart working la situazione è molto peggiore per chi ha scelto la vita da freelance. Perché se vivi da solo oppure i tuoi collaboratori stanno lontani, mentre sei nella tua casetta o stanzetta oppure nel tuo ufficio, inizi ad essere circondato da un silenzio tombale che inizia a farti delle domande: “pensi che questa vita potrai portarla avanti per molto?“, “hai una certa età, pensi di restare solo/sola ancora per molto?“, “lo sai che la vita non è fatta solo di lavoro?“, “sai che la fuori ci sono coetanei tuoi con un lavoro indeterminato e con famiglia, mentre te sei ancora qui” e mi fermo qui con le domande, perché ogni freelance ha il suo demone che quest’anno si è fatto sentire molto di più e con molta più insistenza.
Insomma quando si prendere la via per far la vita da freelance sacrifichi molte cose come l’amore, la vita di coppia, la vita in generale, ti capita di trascurarti, ti capita di diventare sociopatico, ti capita di mettere in dubbio quello che fai e quello che sei, ma per non spaventarti te che magari scopri per la prima volta la vita di un libero professionista mi fermo qui. Però dai ci sono anche delle cose positive.
Conclusione con soluzione:
Puoi essere anche un freelance felice se vuoi, basta creare dei collegamenti forti che ti permettano nel tempo di staccare dal lavoro e ti permettano di sembrare una persona normale, senza problemi di vario tipo, in particolare il problema della sociopatia.
Mentre in molti in questi anni hanno sostenuto e sostengono ancora che i freelance si devono coalizzare, anche in maniera semplice, organizzandosi con le tariffe stabili e abbastanza identiche e cose del genere, io da freelance ho cercato una altra via. La via che ho cercato e ho scelto è quella di frequentare come spettatore e relatore molti eventi nazionali, eventi che mi hanno permesso di conoscere nuove cose e soprattutto conoscere nuove persone, nuovi freelance e creare collegamenti che negli anni ho mantenuto.
Collegamenti che si sono trasformati in amicizia, collegamenti che si sono trasformati in collaborazioni durature che mi hanno permesso di fare un passo avanti per me stesso e anche per tutti coloro che in determinati momenti della vita hanno scelto di starmi vicino. Con alcuni di queste persone e collegamenti, ho legato così tanto da realizzare eventi insieme, progetti di vario tipo, scambiarci lavori, confrontarci sui prezzi da applicare, realizzare gadget da regalare e la lista delle cose realizzate sono tantissime.
Nei collage qui sotto (che magari nel prossimo futuro aggiornerò) ho cercato di raccogliere alcuni di questi momenti, alcuni di questi collegamenti e alcune di queste persone, non sono sicuramente tutte, ma sono coloro che ancor oggi ogni tanto mi scrivono e mi dicono: “Nerd come stai?“. Questo vale tanto per chi sceglie la vita da freelance.
È importante dire che i collegamenti e rapporti, nonostante il periodo storico ti permettono di affrontare la situazione in modo più allegro, permettendoti di staccare la spina. Quello che però bisogna inizia a fare è anche questo: pensare a se stessi. Si lo so che è una di quelle frasi che dicono in tanti e sembra una frase di Confucio, ma in questo caso è proprio così, bisogna pensare anche a se stessi. Bisogna ammettere i propri limiti, bisogna saper dire di no e bisogna concentrarsi anche sui propri progetti, altrimenti si rischia di perdere la propria via.
Qualche anno fa, nel post Il mistero della valigia pensate quando torni da un viaggio, ho usato la metafora della valigia per darmi una risposta alla difficoltà di essere freelance. Ecco quella che fu la mia conclusione:
La tua valigia è pesante perché nonostante tutto quello che ti è successo nella vita, le offese gratuite che hai ricevuto (ricevi tutt’ora) e tutte le difficoltà non ti sei mai tirato indietro. Quindi la tua valigia è sempre più pesante quando ritorni dall’ennesimo viaggio, perché la dentro c’è una nuova esperienza acquisita, ci sono i sacrifici fatti, c’è il sudore e le lacrime versate, ci sono le cose nuove che hai scoperto e imparato, c’è la passione per quello che fai che diventa sempre più grande (ho detto grande e non grassa) e ci sono tutte le speranze di fare meglio la prossima volta.
Insomma la vita da freelance è una merda, ma proprio una merda, però quando pensi a quanto sei cresciuto e quanto ti sei evoluto e non sei restato un semplice Yes Man, allora non conta più nulla.
Bene io per il momento ho finito, adesso tocca a te, lasciamo un commento qui sotto con la tua impressione sulla vita da freelance.
PS: se volte sostenere un freelance potete farlo direttamente da qui.
Commenti
Caro Flavius, ho letto il tuo post con molta attenzione perché oltre che toccarmi personalmente in quanto #freelance, mi interessava e mi interessa il tuo modo di vedere e vivere le cose (questo ormai credo tu lo sappia). É vero che troppo spesso si tende a vedere solo la parte “free” oppure ti senti dire: “tanto tu lavori da casa” come se fosse un dolce far nulla che tante volte é più amaro. Le problematiche che ci affliggono sono molte e non da ultima quella della precarietà soprattutto economica. Però sono io che ho scelto di non avere “capi”, io che scelgo quali progetti accogliere perché vedo un potenziale e rientrano nella mia etica, sono io che scelgo di “guadagnare meno” e vivere meglio emotivamente non contravvenendo ai miei valori in cambio di denaro ed é anche per questo che non sarò mai ricca. Forse ho sbagliato lavoro? No, perché amo interagire, amo vedere i frutti, mi gratifica sentire la stima e la gioia dei clienti. C’è un però. Io cerco, per quanto possibile, di mettere dei paletti, anche in termini di orari e non perché sono una menefreghista, ma perché devo tutelare me stessa per poter restar creativa e produttiva. Quindi ho il mio piano d’azione che viene spesso e volentieri cambiato in corso, ma deve sempre esser chiaro al cliente che cosa significa “urgenza”, “priorità” e “rispetto” per il lavoro e la vita del freelance. Difficilissimo da attuare, ma necessario. Io purtroppo come dici bene tu ho un sito in quattro frecce e dei canali social che non sono come vorrei proprio perché non trovo mai il tempo per me e so che é un grosso errore specie per noi che della comunicazione facciamo il nostro lavoro, ma mi riprometto che prima o poi lo farò. Intanto cerco costantemente di riequilibrarmi per evitare il burnout. Quindi sì, il nostro è un duro lavoro spesso non compreso o riconosciuto, ma quante gratificazioni… A queste non potrei mai rinunciare a discapito della precarietà. Un abbraccio a distanza da collega e amica
del Post
Grazie Annalisa per questo tuo commento e per aver raccontato la tua vita da freelance. Lo scopo di questo post è anche questo, quello non solo di dare voce alla mia esperienza come freelance, ma anche dare la possibilità a chi come te è un mio collega di fortune e sfortune.
Hai ben detto che bisogna mettere dei paletti e darsi delle priorità, ma come sai a volte capita che questi paletti vengano spezzati, però si è importante saperli rimetterli perché altrimenti finisci per non avere neanche quel minimo di ore per te.
Mi fa piacere poi vedere che non solo l’unico che sfortunatamente i canali social e anche i propri progetti non riesce ad amministrarli e gestirli bene.
Un abbraccio a virtuale pure a te.